giovedì 24 febbraio 2011

Il Fascismo e la Liberazione

Già deteriorato con la Prima guerra mondiale, il clima dolciastro della Goliardia ottocentesca s’infranse col fascismo. L’antico in parte si trasformò, in parte soccombette, in parte si adeguò, fino al transito nella democrazia.

Il Fascismo osteggiò la Goliardia per quegli aspetti che potevano turbare l’ordine deciso dal Regime, per questo attaccò pesantemente la Goliardia antifascista, ma anche quella più tradizionalista.
Per controllare la società, il regime creò una serie di organizzazioni come l’Opera Nazionale Dopolavoro e la Gioventù Italiana del Littorio, oltre a una capillare rete di associazioni corporative.
Anche l’università subì la stessa sorte. Il Regime irreggimentò tutte le attività studentesche nei Gruppi Universitari Fascisti nei modi e con i risultati che vedremo.
   
L’ingresso del Fascismo nelle Università  
     
Nel primo dopoguerra la Goliardia stentò a ritrovare lo spirito di fine Ottocento o d’inizio Novecento, anche se ordini, associazioni e circoli goliardici erano presenti praticamente in tutte le sedi universitarie italiane.


Nella sua corsa al potere il fascismo dapprima si mantenne al di fuori delle università, poi le provocazioni si fecero sentire, via via più pesanti, negli anni successivi al 1922. Gli strumenti erano i soliti e negli anni tra il 1924 ed il 1926 si consumò la prima violenta intrusione del fascismo negli ambienti studenteschi non fascisti.

Per trattare questa parte di storia studentesca non mi sono potuto avvalere del materiale relativo ai Guf depositato nella sezione urbinate dell’Archivio di Stato, dove l’argomento pare essere ancora tabù. Mi sono avvalso di altre fonti come “L’Ora”, il settimanale del Partito Nazionale Fascista della provincia di Pesaro e Urbino, che diede ampio spazio ai Guf come all’O.N.D. e alla G.I.L., cioè, come si è detto, alle organizzazioni attraverso le quali il regime creava e manteneva il consenso. Ricordo che il settimanale pesarese aveva la dichiarata funzione di foglio d’ordine del P.N.F. in ambito locale.


Riguardo l’ingresso del fascismo nelle università, con un discorso di carattere generale possiamo ricordare che si insinuò con le buone, dove non trovava resistenza, o con le cattive, dove le associazioni studentesche si opposero, fossero esse antiche come la Corda Fratres (che da un’originaria posizione di terzietà, si spostò su posizioni contrarie al fascismo); o fossero nuove organizzazioni appositamente costituite per contrastare il fascismo, come l’Unione Goliardica per la Libertà, fondata nel 1924 da studenti di diversa provenienza politica, per lo più sovente liberale e repubblicana.

Per comprendere lo spirito dell’Unione Goliardica per la Libertà, ecco un brano del suo Statuto: essa “si pronuncia contro qualsiasi riforma che voglia comunque limitare quelle garanzie che per tradizione costante hanno fatto degli Atenei libere palestre di discussione e di educazione intellettuale”.
Occorre ricordare che il 1924 fu l’anno nel quale entrò in vigore la riforma Gentile. A riguardo non mancarono vivaci proteste negli ambienti studenteschi, all’inizio anche in quelli fascisti prima di venire richiamati all’ordine e indirizzati a sostenere la riforma ed a riportare l’ordine nelle Università in subbuglio.

In quegli anni, fino al 1925, le associazioni universitarie potevano dividersi secondo tre categorie: quelle filo fasciste, quelle antifasciste e quelle neutre che continuavano ad invitare alla concordia, al superamento delle divisioni, a lasciar fuori la politica dagli Atenei in nome dell’antica fratellanza universitaria.

E’ interessante, al fine di chiarire il ruolo delle autorità, il telegramma che il Ministro dell’Interno inviò il 2 giugno 1925 ai Prefetti di 13 capoluoghi sedi di Atenei (ma Pesaro e Urbino fu compresa): “Est noto SSLL che in alcune Università del Regno si è manifestato attrito tra studenti fascisti et studenti goliardici ciò che talvolta ha dato luogo a violenti incidenti stop. Allo scopo di evitare possibilità ripetersi simili violenze turbamenti ordine pubblico SSLL ogniqualvolta associazioni universitarie svolgono opera politica estranea loro fini, vorranno intervenire energicamente, prendendo, previ accordi autorità accademiche, provvedimenti atti far cessare tale attività, occorrendo provocare revoca concessione locali dette associazioni nelle sedi universitarie”. Che altro aggiungere?

Non sappiamo come andarono le cose nell’Università di Urbino: se l’intrusione fu facile, se furono necessarie le violenze perpetrate altrove (per esempio a Firenze e a Roma), oppure se bastò l’intervento persuasivo del Prefetto.

“L’Ora”, solerte nell’informarci delle incursioni delle squadracce in vari comuni per far cadere le amministrazioni socialiste, nulla ci dice di episodi drammatici all’Università di Urbino. Quanto alla stampa non fascista, si possono riportare due brevi brani, tratti dal giornale antifascista “Non Mollare”, che rendono l’idea del clima giornalistico di quel frangente storico: “Nessun giornale ha riferito cosa è avvenuto alla inaugurazione della Università di Firenze, perché, come al solito i giornali locali hanno preso l’imboccata dal fascio di Piazza Mentana”. e prosegue: “L’Università è stata inaugurata a suon di manganello”.


I Gruppi Universitari Fascisti  
     
Gli universitari fascisti si organizzarono nei Gruppi Universitari Fascisti fin dal 1921, prima spontaneamente come fenomeno d’emanazione squadrista, in seguito con una organizzazione nazionale. 

Su “L’Ora” i primi articoli sui Guf appaiono nel 1922, ma sono di carattere generale nient’affatto locale. Per comprendere il ruolo degli studenti fascisti nell’Università di Urbino, nei primi anni ‘20, può allora risultare significativo il fatto che nel 1923, durante la visita di Umberto di Savoia all’ateneo urbinate, nel settimanale si sia scritto di “studenti” o di “Goliardi”, e non di fascisti universitari. Eppure l’occasione doveva essere ghiotta per la propaganda, così l’assenza dell’aggettivo fascista non può che significare secondo noi stata un’assenza reale di elementi organizzati in Guf.

All’inizio del 1926 nella generalità degli atenei i Guf avevano conquistato buona parte di quella zona neutra che ancora caratterizzava il mondo studentesco: a Pisa, l’Associazione studentesca venne trasformata in Guf già dal 1925; a Bologna questo avvenne invece nel 1928. A questo proposito è interessante un passo di un articolo pubblicato su “Il Goliardo”, proprio del 1928: “Il Goliardo si ripresenta alla gioventù universitaria di Bologna come un organo della Associazione Universitaria Bolognese: quindi l’auspicio alla nostra fatica ci è dato dal Gruppo Universitario Fascista ‘Giacomo Venezian’ centro massimo ed ordinatore di ogni nuova manifestazione goliardica. (...) Il Gruppo Universitario Fascista ha voluto cambiare volto alle cose perché ha visto che l’esercizio di ogni vitalità goliardica (sic) consisteva esclusivamente nella preoccupante degenerazione”.

E a Urbino, quando nacque il Guf? Ancora non lo sappiamo, ma “L’Ora” ci fornisce un altro spunto: il 21 aprile 1925, in occasione del festeggiamento del Natale di Roma, al Teatro Sanzio venne inaugurato il gagliardetto del “Gruppo Goliardico Universitario”. Sì, il settimanale pesarese lo chiama ancora così, ma forse doveva intendersi già un Gruppo Universitario Fascista, usualmente dotato di gagliardetto.

In quell’occasione, tra i tanti discorsi retorici, venne ricordata la partecipazione degli studenti Universitari alla “invincibile squadra d’azione” di Urbino chiamata Ramazza.
Questo contatto con le squadracce si rinviene anche nella persona del primo Segretario del Guf urbinate: Oddone Vecchietti, già squadrista dal 1921. Un personaggio che poi farà una certa carriera nella Federazione provinciale del PNF pesarese.

Sebbene fosse un “vecchio” squadrista ad esser stato posto a capo del Guf urbinate, il fatto che il Gruppo nacque verosimilmente nel 1925 e non prima, parrebbe rappresentare una certa difficoltà a trasformare lo squadrismo universitario urbinate in Guf istituzionalizzato destinato ad aggregare tutti gli studenti, non solo quelli visceralmente fascisti. Del resto non è chiaro a che livello d’organizzazione esistesse uno squadrismo universitario a Urbino.


Alcuni articoli apparsi su "L’Ora" intorno alla metà degli anni Venti evidenziano (se mai ce ne fosse bisogno, l’attenzione del PNF per i giovani e gli studenti... “che rappresentano l’avvenire e che hanno una magnifica purezza di spirito”.

Certamente, almeno dal 1926, a Urbino c’era un manipolo della Milizia universitaria. Anch’essa un’istituzione nata spontaneamente e poi ricondotta nella già organizzata Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, solo nel 1931.

La MVSN, nel suo braccio universitario ebbe sostanziali funzioni di polizia d’Ateneo e fu la più acerrima nemica della vecchia Goliardia, giudicata apatica e borghese.
Non per nulla, il primo reparto universitario della Milizia nacque a Roma nel 1925, in occasione degli atti di violenza contro i Liberi Goliardi e la Corda Fratres. Il prezioso archivio della Corda Fratres, con oltre trent’anni di Goliardia nazionale, verrà distrutto proprio in quelle incursioni, dagli universitari fascisti.
Scioglimento della Corda Fratres con occupazione della relativa sede. Dileguamento dei Liberi Goliardi, ristabilimento dell’ordine nel tartassato Ateneo”. Così vennero ricordati quei fatti in una relazione della Milizia redatta nel 1938.

Nel maggio 1927 viene inaugurata, a Urbino, la Casa del Goliardo. Un’istituzione che aveva come scopo l’assistenza agli universitari. Essa trova sede nei locali attigui al Circolo cittadino, sotto i portici dell'ex Collegio Raffaello, dov’era l’Ufficio daziario.

Sempre nel 1927 va in scena, al Teatro Sanzio, Addio Giovinezza di Camasio e Oxilia (da cui il fascismo trasse il proprio inno, Giovinezza, modificandone profondamente il testo. Lo spettacolo vide partecipi “i migliori elementi del gruppo universitario”. Un fatto che dimostra come a Urbino lo spirito goliardico prefascista non fosse ancora completamente sopito e ciò appare ancor più vero considerando che nel dicembre 1927 si tiene la Festa della Matricola con la “consorteria dei Clerici Regentes”.

Anche in ambito nazionale, fino a questa data, si trovano ancora pubblicazioni goliardiche caratterizzate dallo spirito goliardico irresponsabile, spensierato e apolitico, tipico di un’epoca che andava scomparendo, di una borghesia che, almeno a parole, il fascismo intendeva debellare.
Bisogna anche ricordare che in quel 1927 esce “Goliardo Rosso”, il primo esempio di stampa universitaria clandestina.

Nel 1928 una circolare invita gli studenti a iscriversi ai Guf della propria sede di studio. In ossequio a questa direttiva il Nucleo Universitario Fascista di Pesaro, che sorgerà nel 1929, sarà inizialmente sottoposto al Guf di Urbino sede universitaria.  Tuttavia, nonostante l’assenza dell’Università,  il Nucleo pesarese diventerà presto Gruppo e assumerà il ruolo principale, dal quale dipenderanno tutti i Nuclei costituiti provincia come quelli di Fano, Fossombrone e Urbania.


Imperativo: “Fascistizzare l’Università”  
     
Fu di questi anni l’esplicita politica d’attacco all’Università da parte del Regime. Non si trattò più solo di epurare l’Università dagli elementi antifascisti, ma di sottometterla completamente. La parola d’ordine, ripresa più volte da “Libro e Moschetto” era, per l’appunto: “fascistizzare l’università”.

Questa politica si fece sentire anche in ambito studentesco in quel che di goliardico era sopravvissuto. Così scriveva Guelfo La Manna su “Libro e Moschetto” nel 1927: “Si sente in tutti il bisogno di una epurazione, un bel colpo di ramazza ci vuole anche nel goliardismo; (...). L’elemento goliardico italiano è ancora troppo imbevuto di ideali errati e di concezioni impure, frutti di una illogica e spropositata interpretazione di quella che è la tradizione tramandata dagli antichi scolari erranti (...)”.

Sulle riviste della Milizia compaiono articoli inneggianti ad una “Goliardia rinnovata” del tenore del brano seguente: “Non più gazzarre e sciocche baldorie, piene di frastuono e di immenso vuoto spirituale, non più l’aspetto volutamente ‘Bohemien’ con la barba incolta e le nere cravatte svolazzanti in atteggiamento rivoluzionario, non più ributtanti spettacoli di giovani avvinazzati per piacere di bizzarria, ma perfetti reparti militari, inquadrati nelle acciaiate Legioni scintillanti di armi”. Era il 1935.

Questi brani dimostrano quanta difficoltà trovò il Regime a debellare il fermento goliardico tra gli universitari a tredici anni dalla presa del potere da parte del fascismo e a dieci dal primo assalto alla cittadella universitaria.

In quest’opera, si cimentò anche l’on. Turati, segretario nazionale del PNF che, con una circolare del 16 aprile 1928, dispone per gli studenti l’uso del “cappello italiano dalla linea sobria ed elegante, in cui il nastro sarà del colore della Facoltà e l'interno dei fiocchi dei colori della città ove l'Ateneo ha sede”, in luogo della vecchia feluca. Il tentativo fallisce: non solo la vecchia feluca continuerà ad essere indossata dagli studenti, ma diverrà parte della divisa dei Guf e campeggerà sempre sul loro emblema, fino alla drammatica fine del Regime.
La polemica sull’argomento dovette essere aspra. Anche “L’Ora” intervenne, ma per criticare la diatriba che si era aperta tra uno dei giornali più autorevoli del fascismo, “Critica fascista”, e “Rivista” del Guf napoletano: secondo il settimanale pesarese (l’articolo è del 1930) l’argomento della polemica era una quisquilia, insignificante, rispetto a ben altri impellenti problemi.

Ma la questione goliardica non era poi così futile agli occhi del Regime se nel 1927 il segretario nazionale dei Guf, Roberto Maltini, giunse a ordinare la cessazione della pratica della Festa della matricola. Il Tentativo fallì, ma riuscì dieci anni dopo ad Achille Starace.
Non tutto l’antico fu osteggiato dal fascismo. Ricorda Gabriele Boschetti nel suo saggio sulla goliardia di quegli anni che “il fascismo rispettava la cultura che non gli dava fastidio e incoraggiava -si capisce- quella ossequiente: con quella non disposta a subire sopraffazioni era pronto ad usare il bastone”.

Tra i simboli della Goliardia prefascista, il fascismo riprese il mito della battaglia risorgimentale di Curtatone e Montanara. Quell’evento, opportunamente mitizzato e spogliato di ogni valenza di libertà, era funzionale alla creazione del prototipo del goliardo guerriero e nazionalista; ed era destinato ad assurgere a simbolo per la Milizia Universitaria e per i Battaglioni Universitari che partirono per il fronte fin dalle operazioni per l’Africa Orientale.

La battaglia tra fascismo e goliardia tradizionale era destinata a non avere fine e non mancavano resistenze, anche nelle Marche, come si legge nel 1930 sul numero unico “Goliardia nuova” edito dagli studenti marchigiani:“né va dimenticata la difficoltà con cui questa trasformazione si è operata a causa della grande forza di resistenza di quell’insieme di elementi tradizionalisti, che per lunghissimi anni hanno costituito il substrato vivo, direi unico, in quei luoghi, della vita universitaria studentesca; difficoltà resa ancor maggiore dal fatto che queste terre, se, nella calma atmosfera della loro costante operosità silenziosa, meno pericolosamente, meno agiatamente hanno vissuto le vicende tristi dei periodi grigi della Nazione, meno vivamente però hanno anche vibrato per il travaglio spirituale dell’Era nuova”.

Riguardo ad Urbino sappiamo che, nel 1932 e nel 1933, si tenne la Festa della Matricola. Gaetano Quagliariello, nella sua analisi sulla stampa studentesca di quel periodo, pone i Numeri unici usciti in quelle occasioni, tra la stampa definita come: “tradizionale ma reverente al fascismo”. Il Numero unico per la Festa della matricola del ‘33 non dovette essere particolarmente riverente o forse fu troppo “tradizionale”, visto che porta vistosi segni di censura.

E’ interessante notare un passo dell’articolo di apertura del Numero unico del 1932: “Con questa festa, con questo Numero Unico che vi presentiamo in veste modesta, senza troppe pretese e senza vanterie, abbiamo intendimento di iniziare -da quest’anno- una tradizione che fu gloria delle Università d’Italia”. La “tradizione che fu gloria delle Università d’Italia” sarà soppressa d’ordine cinque anni dopo, ma da questo passo sembra potersi evincere che da tempo non si teneva la Festa della matricola a Urbino.


Nel 1934 “l’Università di Urbino inaugura, con rito guerriero, il nuovo anno accademico”. Per la prima volta uno studente interviene ufficialmente nella cerimonia. E’ Oreste Bernardini, segretario del Guf urbinate. Il Guf di quell’anno raccoglie la quasi totalità degli iscritti all’Università di Urbino. Bernardini partirà volontario per l’Africa Orientale nel 1935 e lì morirà nel 1938. Nell’anno della sua morte gli verrà intitolato il Guf urbinate e verrà posta a suo ricordo una lapide in rettorato che a tutt’oggi si trova nel cortile porticato di Palazzo Bonaventura, sede dell'Università.

Torniamo al 1934. In quell’anno, anche gli studenti dell’Università di Urbino partecipano al raduno nazionale di Torino. Anch’essi, come i colleghi delle altre università, sono in costume rinascimentale e portano il gonfalone del loro Ateneo.
Una traccia di quella partecipazione è la bella immagine raccolta (con quella delle altre delegazioni) in un libro stampato in inglese e destinato ad accompagnare la delegazione che si recherà a New York con una memorabile crociera propagandistica.


Non fu, quello, l’unico momento d’incontro nazionale degli studenti universitari. Il Regime organizzava annualmente gli Agonali e i Littoriali dello Sport come anche i Littoriali dell’Arte e della Cultura, ed altre iniziative ancora.

Questi appuntamenti nazionali o regionali erano preparati nelle varie Università con corsi, allenamenti e selezioni: i cosiddetti Prelittoriali. L’organizzazione di questi eventi costituiva buona parte delle attività dei Guf. I Littoriali erano grandi manifestazioni regionali e nazionali competitive nel campo sportivo, in campo letterario, artistico e politico con vere e proprie gare e premiazioni. I vincitori nazionali venivano poi premiati personalmente da Mussolini.
L’attività dei Guf, naturalmente, non dimenticava la propaganda con l’organizzazione dei Corsi di preparazione politica, ma era anche attento all’esigenza dei tempi nuovi, ai nuovi media,come si dice oggi: al cinema era dedicato il Cineguf. Tutto ciò non prescindeva dall’attività di assistenza nello studio: come la realizzazione di dispense, la comunicazione delle date e orari di lezioni ed esami, ed altro.
In sostanza, qualunque attività universitaria e parauniversitaria doveva passare attraverso l’organizzazione del Partito.
Studenti giunti a Urbino per la prova di ammissione a Magistero, assistiti dal GUF - 1940

Nel 1935 il Guf di Urbino intende realizzare la Casa dello Studente, poi effettivamente inaugurata nel 1940, mentre la sede dello stesso Guf si trasferisce in via Budassi presso Palazzo Albani. Sempre nel 1935 verranno introdotti i corsi di Cultura militare in tutte le scuole superiori e nelle università.

L’anno successivo diviene Ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai col quale la militarizzazione delle organizzazioni studentesche si farà più pesante. Il 1936 è anche l'anno in cui si costituisce la sezione femminile del Guf di Urbino.

Giuseppe Bottai

Come abbiamo anticipato nel 1937 il Regime sopprime la Festa della Matricola scatenando l’indignazione degli studenti universitari. In alcune sedi non mancarono reazioni di puro stampo goliardico come a Padova dove Starace fu portato in trionfo dagli studenti, che usarono il suo fondoschiena come cuscinetto porta spilli, o a Bologna dove i goliardi ottennero il permesso di organizzare il funerale della Festa della matricola che si rivelò invece il finto funerale goliardico di Starace. La reazione della questura bolognese fu durissima e diede luogo a scontri tra goliardi e polizia in tutte le vie del centro.
Achille Starace

Non sappiamo quale fu la reazione a Urbino, ma abbiamo tra le mani il Numero Unico uscito quell’anno. In luogo del tradizionale sottotitolo N.U. per la Festa delle matricole, compare quello più anonimo di Creazione dell’anno 1937 - XV.

Non è solo una questione di forma. Il nuovo numero unico è diviso in due parti: dopo una breve storia dell’ateneo, c’è una prima parte propriamente fascista che riporta articoli sulla Milizia, sul Guf, sui Prelittoriali, sul Fascio di Combattimento, cui segue un excursus istituzionale sulle scuole, sui vari istituti presenti a Urbino e perfino sul Consorzio agrario.

Solo dopo tutta questa parte propagandistica arriva quella goliardica che apparentemente sembra essere immune dall’influenza del Regime. Era, forse, un compromesso tra la tradizione e le nuove norme in materia di stampa studentesca emesse nel 1936?

Il 1938 è l’anno della tragica svolta razzista. Non sappiamo se vi fu qualche studente già iscritto discriminato per motivi razziali (per esempio con esami separati) o se vi furono matricole impossibilitate ad iscriversi. Sappamo che le disposizioni antiebraiche colpirono l’economo, il bibliotecario e tre docenti. Dai ranghi del Guf dovette dimettersi per motivi razziali il segretario amministrativo Fabio Coen, figlio dell’economo dell’ateneo e fratello del vice-segretario del Fascio urbinate. Anche il Guf urbinate fu mobilitato nella campagna razziale: organizzo conferenze e altre iniziative. Il segretario propose al rettore la più ampia disponibilità del Gruppo.

Le leggi razziali del ‘38 diedero il colpo di grazia alla libertà nelle Università. Una libertà già ristretta dalla riforma Gentile del ‘23 e dal il giuramento di fedeltà al fascismo imposto ai professori nel 1931. Allora, su circa milleduecento professori, in tutto il Regno solo in quattordici (ma il numero non è accertato con certezza) si rifiutarono di giurare e persero il posto seduta stante. Altri preferirono un prepensionamento. A Urbino giurarono tutti i professori, tranne Agrestini. Si noti che i docenti dell’ateneo urbinate non erano tenuti a farlo per legge, come i loro colleghi delle università statali. Si trattò di conformismo, se non di vera e propria captatio benevolentiae verso il Regime.
Il comportamento dei professori che giurarono è stato diversamente interpretato all’epoca e nel dibattito politico successivo. Per alcuni il giuramento di professori intimamente antifascisti fece sì che il corpo accademico non si riducesse a soli fascisti; altri sostengono che l’altissimo numero di giuramenti diede grande lustro anche internazionale al fascismo, che ben diversa impressione avrebbero fatto centinaia di obiezioni.


La Seconda Guerra Mondiale  

Tra il 1940 e il 1941, “L’Ora” e i Guf, si impegnano in una decisa campagna per l’arruolamento. I titoli, nelle pagine dedicate ai Guf dal settimanale pesarese, erano di questo tenore: “Volontarismo universitario” o “Goliardi Volontari” oppure ancora “Gloria di Goliardi”.

Alla propaganda rivolta ai maschi si aggiungeva l’opera delle guffine, impegnate nel sostegno dei reduci come nell’invio al fronte di libri o altri generi di conforto.

La goliardia residua, sopravvissuta nei Guf se non altro come prassi folcloristica, come afflato cameratesco cessa con l’entrata in guerra. La partenza degli studenti e il clima generale certo non sollecitava al gioco goliardico, nemmeno nella parodia più o meno velata al Regime.
Il ministro Bottai telegrafa al rettore Ricci, come agli altri del Regno: "mi risulta che in talune sedi universitarie studenti anziani trascendono tutt'ora in scomposte manifestazioni et atti vessatori in danno nuovi immatricolati secondo pessima costumanza di altri tempi assolutamente intollerabile nel clima fasista et tanto più inammissibile ora che la Nazione è in guerra punto" chiede ai rettori di provvedere, anche con sanzioni disciplinari. Ricci risponde: "Assicuro esatto adempimento ordini telegrafici impartiti informando che nessuma manifestazione est qui avvenuta punto preso accordo guf".
Gli articoli e le notizie sui Guf apparsi su “L’Ora” di quegli ultimi anni del Regime, indicano la tristezza e la gravità del momento.


L’epilogo 
     
L’ultimo numero de “L'Ora” è del 17 luglio 1943, otto giorni dopo Mussolini venne arrestato. Cominciarono i cosiddetti quarantacinque giorni badogliani. Il nuovo Ministro dell’Istruzione pubblica dichiarò decaduta la Carta della scuola redatta da Bottai nel ‘39, soppresse la Gil e i Guf, sostituì alcuni rettori compromessi col Regime con i cosiddetti rettori democratici, come Piero Calamandrei a Firenze e Concetto Marchesi a Padova.

In quei giorni rinacquero in molte realtà universitarie le vecchie associazioni goliardiche soppresse dal fascismo. Già nel marzo 1943 l’Unione Goliardica per la Libertà lanciava da Firenze, clandestinamente, un appello a tutti gli studenti: “la libera voce dei goliardi che fu l’ultima ad essere soffocata, risuoni prima ad indicare la via della resurrezione nazionale. Viva la Libertà!” La Corda Fratres si ricostituì in Svizzera nel 1944, grazie ai suoi contatti internazionali, fornendo aiuto agli esuli, specialmente agli studenti.

Con l’otto settembre tutto sembrò precipitare nel buio, ma, man mano che avanzavano gli Alleati lungo la penisola, risorgevano le antiche associazioni locali e i consolati della Corda Fratres.
A nord della linea del fronte, che a fatica avanzava su per l'Appennino, anche i Guf cercarono di riorganizzarsi. Lo spirito, però, era assai diverso. L’intento dei Guf repubblichini era di carattere più sindacale, non solo in ossequio al carattere  sociale della Repubblica di Salò, ma anche per contrastare lo scetticismo che albergava tra le disastrate fila degli Universitari.

La Seconda guerra mondiale aveva aperto una crisi profonda, anche nelle organizzazioni universitarie fasciste. E’ noto, inoltre, come la fronda antifascista avesse attecchito in molti Guf, fin dalla metà degli anni '30, anche per un preciso disegno del Cominter di Mosca.

Tutto ciò, con la prospettiva della liberazione, fece sì che, specie ove erano stati cambiati i rettori, le università divenissero centri di soccorso antifascista e di resistenza al fascismo.
Celeberrimo il caso di Padova dove, per l’aiuto prestato alla causa della Liberazione, il rettore Concetto Marchesi fu costretto a fuggire, non prima di avere lanciato agli studenti un memorabile messaggio d’esortazione a continuare la lotta. L’Università di Padova è l’unica ad avere il gonfalone decorato con la Medaglia d’oro al Valor militare.
Concetto Marchesi

Anche a Urbino alcuni professori si esposero: Bruno Visentini e Giuseppe Branca, per esempio, e finirono in prigione per qualche tempo. Il professor Branca raccontò a Vittorio Emiliani che un giorno, salendo da Pesaro a Urbino in bicicletta, venne fermato per un controllo e che solo il tesserino di professore evitò la perquisizione della borsa, dove aveva nascosto le copie dell’appello agli studenti di Concetto Marchesi.

Con l’avvicinarsi del fronte si fermò per un certo periodo ad Urbino un reparto della Guardia Nazionale Repubblicana della Divisione Tagliamento. Era chiamato la Camilluccia ed era comandato e per lo più composto da universitari romani. L’Italia era divisa in due, non solo geograficamente, e molti (specie tra i giovani cresciuti sotto il Regime) scelsero volontariamente di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, in ossequio all’indottrinamento ricevuto, o per attuare la quella vera Rivoluzione fascista che, si diceva, non era stata attuata per via di un Regime divenuto corrotto.
Soldato della Camilluccia sul fronte del Foglia

Urbino venne risparmiata dalla guerra delle bombe per via della sua caratteristica di città d’arte, anche se i tedeschi tentarono di distruggerne le mura prima della ritirata. Non fu risparmiata, invece, dalle altre brutture della guerra.
L’Università venne usata da reparti tedeschi come bivacco, fu violata dalla Milizia alla ricerca di studenti renitenti. Non mancò la vittima: lo studente fanese Giannetto Dini.

Eppure, come affermato dal neo Rettore Branca nel suo discorso per l’inaugurazione dell'anno accademico 1944-45, l’Università di Urbino fu anche rifugio per chi cercava una parola di speranza, luogo di discussione e di crescita dello “spirito di ribellione”; un luogo ove si recavano quanti cercavano risposte a domande messe in luce dal crollo di un Regime che, come tutti i regimi totalitari, aveva preteso di pensare in luogo della gente.


La Liberazione

     
Urbino è liberata nel pomeriggio del 28 agosto del 1944 da reparti Canadesi, seguiti poco dopo dai Polacchi. Gli alleati nominano commissario rettorale il professor Giuseppe Branca, attivissimo nella discussione con gli studenti più giovani rimasti a Urbino nell’ultimo periodo di guerra, e permetteranno di inaugurare il nuovo anno accademico a soli due mesi dall’avvenuta liberazione.

Se Urbino era ormai liberata, così non era per tutto il Nord d’Italia.  Affermava il rettore Branca nel discorso d’apertura dell’anno accademico: “Solo in questi giorni assistiamo a un movimento sicuro di ripresa: sei divisioni italiane, cantando i dolci canti di guerra, finalmente si affacciano sulla pianura del Po”. Ma con tristezza osserva, riguardo alla bandiera tricolore che: “a ricordo della nostra abiezione, non può ancora distendersi dall'alto dei nostri balconi!”.

Riguardo l’Università, egli ricorda come essa abbia “assolto, sia pure umilmente, una sua chiara funzione”. E prosegue: “Noi abbiamo ragione di credere che anch’essa, come tante altre (Padova in testa con Concetto Marchesi!), ha già riaffermato, proprio nell’anno del terrore, la sua tradizione: tradizione gloriosa, simboleggiata tuttora da questa toga, che perciò s'è voluta indossare. (...) Bisogna riedificare la tradizione, riaffermarla, arricchirla. Deve scomparire definitivamente quello iato, quella muraglia di piombo, quel vallo incolmabile, che separa maestri e discepoli e che l'ultimo ventennio ha accentuato e intristito. (...) E liberiamoci una buona volta da quella falsa austerità di stile fascista che doveva cacciar dalle aule persino 'i canti di gioia e i canti d’amore' della fervida goliardia: sostituiamola con una dignità di altro tono e di stampo antico”.

Le parole di Branca saranno accolte dagli studenti e non solo per i Canti di gioia.


L'appello del rettore dell'Università di Padova agli studenti del 1 dicembre 1943)
Studenti dell’Università di Padova!

Sono rimasto a capo della Vostra Università finche speravo di mantenerla immune dall’offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitù politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio ed al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento.

Oggi il dovere mi chiama altrove.

Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che - per la defezione di un vecchio complice - ardisce chiamarsi repubblicano, vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell’anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell’Aula Magna, travolti sotto l’immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di venti anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l’anima vostra. Ma quelli che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il loro grido e si sono appropriata la vostra parola.

Studenti: non posso lasciare l’ufficio di Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano.

Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.

Studenti, mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina; per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignoranza, aggiungete al labaro della Vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.

Il Rettore: Prof. Concetto Marchesi