mercoledì 23 febbraio 2011

Tra Otto e Novecento

I termini goliardia e goliardi, come sinonimi di cose attinenti al mondo studentesco e di studenti, vennero acquisiti nel lessico italiano solo nella seconda metà dell’Ottocento. Alcuni studiosi del fenomeno (Borghi e Cecchini per esempio) hanno individuato nella rivista “I Nuovi Goliardi” il primo episodio della nascita del fenomeno goliardico moderno. Per altri (Volpini) quell’iniziativa fu invece “un’esperienza dotta, senza nessuna conseguenza a livello sociale nella realtà della vita universitaria”, tanto più che della rivista uscirono solo tre numeri.
Dobbiamo dire che leggendo l’articolo Goliardi, Goliardia, Golia apparso sul primo numero della rivista, il 1° febbraio 1877, non si può che rimanere colpiti per la chiarezza del messaggio: “Dai Goliardi del Medioevo (...) noi pigliamo nome e bandiera per seguitare la tradizione nella sua parte migliore, tentando le nostre forze contro quell’ordine d’idee, onde ci sentiamo ancora tenacemente stretti al passato. Così cercheremo (...) di propugnare e diffondere tutti quei principi che mostrino di dirizzare ad una via di sicuro progresso per gli studi moderni”.
da una copertina del "Torchio addominale"

Quali furono le cause dell’improvviso riemerge dal Medioevo del termine Goliardi? Una spiegazione interessante la forniscono i curatori del volume Torchio Addominale dedicato ai numeri unici della goliardia pavese. Essi notano come, sul finire del XIX secolo, si concluse la teoria riformatrice che aveva portato la borghesia liberale a “promuovere una nuova mobilità sociale”. Essa prendeva le mosse dalla Rivoluzione francese e si ispirava, più o meno consciamente, alla società comunale del Due-Trecento, caratterizzata da un deciso “spirito di cooperazione nella competizione” che legava insieme “persone con interessi diversi, variamente specializzate e provenienti da ogni livello della società cittadina

L’Università risentì di questo cambiamento e tentò di tornare ad essere ciò che era stata sette ottocento anni prima: luogo di sperimentazione e di confronto delle idee. Promotori di una riforma universitaria nel senso della vera comunità scientifica di docenti e discenti, ciascuno portatore di proprie specificità, ma senza forzati vincoli di subordinazione, furono De Dominicis e Bovio. Ma la loro proposta non trovò ascolto nel tumultuoso e inconcludente dibattito sull’università nell’Età liberale.
Giovanni Bovio

Questa influenza sociale, il Romanticismo e forse la stessa pubblicazione dei Carmina Burana editi per la prima volta in edizione completa nel 1847 in Germania, “spinse gli studenti a ritrovare nel Medioevo i precedenti storici della riconquistata libertà di pensiero e della rinnovata tensione ideale di cui andavano fieri”.

L’autore del manifesto programmatico de “I Nuovi Goliardi”, Alfredo Straccali, aveva certo coscienza del rinnovato ruolo studentesco, del recupero del nome e del patrimonio dei Goliardi del Medioevo considerato che la sua tesi di laurea fu “I Goliardi ovvero i Clerici Vagantes delle Università medioevali”, poi pubblicata nel 1880.

Una pagina dei Carbina Burana

Ecco quindi il recupero di quel fenomeno che molti anni dopo, efficacemente, Guido Rossi definirà la “Goliardia dei secoli”.
Essa, se non direttamente ispirata da “I Nuovi Goliardi”, certamente trovò in alcuni passi dei suoi articoli, una chiara definizione.

Questo movimento culturale, se non è troppo definirlo così, s’incontrò con la felice coincidenza di due importanti celebrazioni nel mondo accademico italiano: l’ottavo centenario dell’ateneo felsineo (1888) e le celebrazioni galileiane a Padova (1892).
A Bologna il professore Giosuè Carducci, oltre ad inventare l’evento celebrativo, con l’individuazione di una data simbolica di fondazione dell’Università, oltre ad inventare l’apparato iconografico-simbolico (il gonfalone dell’ateneo e le insegne rettorali), provvide anche a ricostruire una tradizione associativa studentesca, certo con un occhio alle realtà straniere, ma sulla base di solidi precedenti italiani e bolognesi in particolare, risalenti al medioevo.

Celebrazione dell'VIII Centenario alla presenza del re d'Italia

Gli studenti si fecero facilmente contagiare dallo spirito di Carducci, che peraltro era già stato il modello ispiratore per i redattori de “I Nuovi Goliardi” dieci anni prima.
Tradizione vera, rinnovata o inventata? Che importava? Essi presero la palla al balzo e riscoprirono e s’inventano ulteriori tradizioni, riti e motivi di fratellanza d’origine medievale.

In questo contesto nasce il simbolo tipico della goliardia italiana contemporanea, il berretto comunemente detto feluca. La prima esperienza di un berretto universitario (studentesco) che non fosse parte di un’uniforme venne fatta a Bologna nel 1888: una sorta di zuccotto a falde rialzate aderenti, denominato Orsina, realizzato sulla base di modelli del XV secolo, in quattro colori, uno per ciascuna facoltà (blu per giurisprudenza, rosso per medicina, verde per scienze e bianco per lettere);
distintivo in forma di orsina

quattro anni dopo, in occasione delle Celebrazioni galileiane di Padova, venne adottato un berretto a punta con tese rialzate, anch’esso di diversi colori: sostanzialmente la feluca ancora oggi usata in Goliardia, che fino agli anni Sessanta del Novecento fu l’unico simbolo di fatto degli studenti universitari italiani.

distintivo in forma di feluca
       

La Goliardia a Urbino  
     
Fatta questa premessa d’ordine generale, ci immergiamo nel contesto urbinate.
Spulciando con congrua attenzione i giornali ed i fogli volanti dell’epoca (fine Ottocento, primo decennio del Novecento), ho trovato qualche spunto per descrivere il quadro della situazione.
La prima notizia riguardante gli studenti universitari di Urbino risale al 1881, alla loro partecipazione alle celebrazioni in onore di Garibaldi. Il Risorgimento aveva ancora un forte eco tra gli studenti, basti pensare all’inno universitario composto nel 1891, o basti leggere il messaggio inviato dagli studenti pisani ai colleghi di Bologna per l’ottavo centenario dell’ateneo felsineo:
Gli studenti dell’Ateneo pisano
ai fratelli dell’Ateneo bolognese
offrono
col presentimento
che i secoli dell’umanità
saranno un giorno numerati
non dall’origine degl’Iddii, delle case, delle guerre
ma dal risorgimento delle nazioni
e dalla fondazione degli Atenei.

In quello stesso anno, il 1888, troviamo gli studenti urbinati a festeggiare il carnevale. In quegli anni non mancarono gli spettacoli di beneficenza e i veglioni al Teatro Sanzio, in una di queste occasioni l’orchestra fu diretta dal maestro Antonio Pavoni, mio trisavolo. Le perplessità sollevate da un giornale locale circa l’uso dei fondi raccolti in tali occasioni suscitarono la pubblica e seccata risposta degli universitari che rigettarono ogni insinuazione.
Statua di Giordano Bruno a Roma, voluta e finanziata dagli studenti universitari - 1889

Il clima studentesco di quegli anni era tutt’altro che tranquillo, scioperi, manifestazioni e occupazioni, erano assai frequenti, in tutta Italia.
Nel 1890 la polizia aggredì gli studenti dell’Università di Napoli e i colleghi urbinati risposero solidarizzando pubblicamente con gli aggrediti. Questo gesto scatenò l’ira del Ministro Baccelli che invitò il Rettore d’Urbino a prendere severi provvedimenti contro i suoi studenti.
Nel 1901 alcuni Carabinieri entrano improvvisamente nel palazzo dell’Università urbinate suscitando grande scandalo. Gli studenti protestarono vivacemente e il Rettore fece lo stesso, per la violenza subita dalla secolare tradizione che voleva precluso l’accesso all’Università alle forze dell’ordine senza il permesso del Rettore.

Ma il germe Goliardico propriamente detto non mancava a Urbino: è dell’otto dicembre 1898 la prima notizia di una Festa della matricola, dieci anni dopo le celebrazioni bolognesi.  Per l’anno successivo, “L’Eco di Urbino” ci informa di una cena offerta da una matricola agli anziani a Villa Tortorina.

   
La Corda Fratres a Urbino  
     
Ancora “L’Eco di Urbino” ci informa che nel 1902 si costituì il locale consolato della Federazione Internazionale degli Studenti, più nota come Corda Fratres, dal nome testata della sua rivista. Questa organizzazione che intendeva “promuovere e favorire l’idea di solidarietà e di affratellamento fra gli studenti a qualunque religione appartengano, qualsiasi opinione politica professino”, venne fondata a Torino nel 1898 dal canavesano Efisio Giglio Tos e in Italia ebbe punti di contatto con l’area liberal-massonica.
distintivo della Federazione Internazionale degli Studenti

Un mese innanzi al suo primo Congresso tenutosi dal 12 al 25 novembre 1898, i promotori della Federazione organizzarono una solenne celebrazione in onore degli studenti che parteciparono alle battaglie risorgimentali del 1848. Tra le sette università aderenti c’era anche quella di Urbino.

Questa importante associazione, ai più sconosciuta, è stata studiata da Aldo Mola, il quale si è per lo più soffermato sullo spirito che l’animava, sulle divergenti visioni dei due principali artefici Giglio Tos e Formiggini e sui rapporti con la massoneria; mentre ha tralasciato del tutto quanto attenne alla vita della Federazione e dei suoi consolati, salvo qualche notizia riportata in appendice. Da queste si evince che il consolato urbinate non dovette godere di particolare salute se l’anno successivo alla sua fondazione (siamo quindi nel 1903) il Presidente della Sezione italiana, assegnando i voti ai diversi consolati, appoippa dei punti interrogativi al Consolato di Urbino con la dicitura “contrario”.

In una nota del 1924, Giglio Tos ricorda che nel 1904 il Consolato di Urbino esisteva, che il Console direttore era Tullio Alitti e il Console segretario era Agostino Ferretti. Tuttavia, la relazione amministrativa del medesimo 1904 Urbino risulta tra le sedi “che non danno più segni di vita”, inoltre nel prospetto per la distribuzione della rivista, redatto da Formiggini sempre nel 1904, il Consolato di Urbino non è compreso nella lista delle ventisei sedi. Urbino non compare nemmeno nella Lista ufficiale dell’Organizzazione redatta nel 1906. L’effimera presenza della Corda Fratres a Urbino fu dovuta alla volontà di pochi studenti temporaneamente iscritti all’Ateneo, o a motivi d’altro ordine?
Consiglio generale della Federazione Internazionale degli Studenti - 1900


Feste e riti: il Pontefice 
     
Per trovare notizia di una festa della matricola a Urbino dopo il 1898, dobbiamo arrivare al 1907. Ma dall’articolo che descrive l’avvenimento apprendiamo che la festa si svolgeva regolarmente da anni: “Come tutti gli anni, la festa delle matricole, dei bravi e simpatici studenti universitari, è riuscita piena di brio e genialità. Sino dalle prime ore del giorno 6 del corrente marzo, le vie della città erano animatissime per le gioconde grida dei nostri cari giovanotti, i quali poi ebbero la loro funzione battesimale in una sala dell’Università. (...) Durante la giornata gli studenti percorsero lieti le vie della città, e la sera all’Albergo d’Italia, dal bravo Albini, ebbe luogo la gran cena, riuscita splendidamente per la unanime cordialità (...).
Principale artefice di questa manifestazione era da qualche anno lo studente Ansaldi che nell’orazione pronunciata per l’occasione disse: “Or dunque non è per brama di riprovevoli gozzoviglie, ma per indiscussa fede nell’effetto delle sensazioni psicologiche sovra la vita dell’Università, che si vuol svegliarne l’attuale sonnolenza col gridare: Si deve far festa ancor noi!

Del successivo anno, abbiamo trovato il “Numero unico” uscito per la Festa che si tenne il 26 marzo con il seguente programma: “Ore 9, esce il Numero unico; ore 9,30 Adunata degli studenti all’Università; ore 10,30 Solenne battesimo matricolare al Teatro Sanzio con discorso pontificale ed altri discorsi interregionali; ore 12 Pranzo, ciascuno a casa propria; ore 14 Passeggiata di Beneficenza; ore 20 Gran Simposi all’Albergo Italia; ore 22 Pomposo dessert al Caffè Basili; ore 23 Tutti in piazza aspettando che passi la porta di casa”.
insegna dell'Albergo Italia

Il programma, oltre a fornirci informazioni sullo svolgimento della festa, ci informa che un Pontefice animava le cerimonie della goliardia nella città d’Urbino all’inizio del secolo, ma è probabile che ciò avvenisse anche sul finire di quello precedente.
Il titolo di Pontefice era assai consueto in quegli anni e si rifaceva al ruolo di sommo sacerdote, colui che presiedeva i riti. Successivamente in luogo di questo titolo divenne usuale quello di Gran Maestro, ma la funzione rimaneva sostanzialmente la stessa. Ciò detto, l’esistenza di un Pontefice a Urbino non indica l’esistenza di un vero e proprio Ordine goliardico né, forse, di una vera e propria associazione, a parte l’apparizione forse fugace della Corda Fratres.
Il prezioso numero unico fornisce anche altre interessanti informazioni, così veniamo a sapere che il pegno richiesto dagli anziani alle matricole era di dieci lire, e non c’era da fare storie: “Qui si decreta noi per uso antico; qui si propone noi, qui non si vota; qui ciascun di voi non conta un fico!” In un altro articolo la matricola viene ad un istituto di beneficenza: “Difatti, remissiva... per forza, paga, e non si lagna, dietro il rilascio di un passe-partout convenzionale, senza esigere registrazione e numero di protocollo, ignorante com’è in fatto di quella mala femmina che si chiama Procedura. Come Gesù, prodiga i suoi favori (intendiamoci bene, onesti) a quattro farisei che la insultano perché essa porge la borsa, ed alla calunnia risponde coi quattrini anziché con una querela”.

Il rito della matricola si perpetuerà sostanzialmente immutato fino alla seconda metà degli anni Sessanta del Novecento. Il documento (l’odierno papiro) non risultava mai corretto, nonostante una, due, cinque revisioni e “intanto si beve come turchi e la matricola si stordisce, ma paga...

Un motivo tratto dal citato Numero unico recita:
Indifferenti noi campiam la vita
col ridere del mondo e della gente
or possediamo quattrini ed ora gnente
con l’allegria nel cuore sì gradita.
Quando la tasca abbiamo ben riempita
sfidiamo anche il destino onnipossente
l’animo ci diventa indifferente
per la miseria al mondo ingigantita.
I seri, gl’assennati, i cacasenni
ci dicono che siam veri maiali
ma le dive ci fan taciti cenni.
Amiamo le sartine, il giuoco, il vino
la vita spensierata e gl’ideali,
l’oro, il vagabondaggio ed il c...ino.

Questo spirito era comune a tutte le università, erano gli anni che precedettero Addio Giovinezza di Sandro Camasio e Nino Oxilia.
Sandro Camasio e Nino Oxilia

Tuttavia il rettore Vanni, assiduo partecipante alla Festa della matricola, evidenziò anche un altro spirito, squisitamente urbinate, nella relazione per l’apertura dell’anno accademico 1908-1909. Riferendosi agli studenti fuorisede disse: “provengono da grandi università, il più spesso da quelle di Napoli e di Roma, e cercano nelle piccole Università e nei piccoli centri, non l’indulgenza che certamente non trovano, ma il modo di riparare in un ambiente tranquillo e mercé l’assistenza quasi familiare, che hanno dai professori, il tempo perduto”.
Ma qual era il clima sociale dell’Urbino di quegli anni?  Ovviamente Urbino non era Torino, Roma, Napoli, Bologna e nemmeno Modena, Parma o Siena; eppure oggi faticheremmo a credere che “Goliardi in Montagna” non si stato il titolo di un articolo su una gita al monte Catria, ma invece sulla vita quotidiana degli studenti fuorisede in Urbino!
vettura del primo autoservizio, linea Pesaro-Urbino - inizi '900

Non dobbiamo quindi stupirci se diversi anni dopo, nel 1938, il desiderio di fuggire e mai più tornare fu il primo sorto nella mente del novello professore Carlo Bo, giunto per la prima volta a Urbino ventisettenne.