sabato 19 marzo 2011

Il Risorgimento

L’origine della moderna saga della Goliardia italiana può farsi risalire al Risorgimento. A parte l’ontologico rimando al periodo Medievale, alla prime universitas, ai clerici vagantes, carmina burana e così via, è indubbio che il motivo d’unione degli studenti universitari furono alcuni celebri episodi risorgimentali e il pensiero che li sottendeva.

L’età liberale, che fu epoca feconda per la goliardia, sorse direttamente dal Risorgimento nell’assenza totale o quasi dei cattolici e dei socialisti; il fascismo sfruttò patriotticamente l’epopea risorgimentale, esaltando taluni fatti ma certo non il pensiero che li anumò; nel secondo dopoguerra nelle università italiane ebbero prevalenza gli studenti d’area laica i cui referenti politico-ideali stavano ancora nel Risorgimento, che trovarono anche corrispondenza nel vasto mondo apolitico presente negli atenei. Sui valiri risorgimentali si innestarono poi i valori della Resistenza ed altri che in seguito spodestarono i primi dall'immaginario degli universitari, fino alla svolta definitiva del Sessantotto.
Oggi a si può ben dire che gli studenti in nulla s’identifichino con i lontani avvenimenti che portarono all’unità d’Italia, anche se l’occasione del 150° dell’unità nazionale ha risvegliato un sopito patriottismo, in parte esaltato da dalla volontà di contrapporsi a spinte secessioniste più o meno palesi.
A ricordo di quell’antico comune sentire resta l’inno universitario italiano “Di canti di gioia, di canti d'amore” composto nel 1891, ma anche la più celebre "Addio mia bella addio" composta nel 1848 in occasione della partecipazione dei toscani alla 1a Guerra d'Indipendenza. 

La partecipazione studentesca al Risorgimento non fu solo quella dei battaglioni universitari organizzati in diversi stati preunitari, come si è riscoperto in questi giorni di celebrazione del 150° dell’unità d’Italia, il risorgimento fu fatto prevalentemente da giovani.  
           
Ecco allora alcuni celebri episodi della partecipazione studentesca al moto risorgimentale.
A Pavia, tra il 9 ed il 10 gennaio 1848, gli studenti parteciparono agli scontri contro gli austriaci. L’eco di quei fatti si fece sentire anche a Urbino dove, in solidarietà con i colleghi pavesi caduti negli scontri, gli studenti universitari inviarono messaggi e tennero un solenne officio funebre presso il Duomo.

A Padova, l’8 febbraio 1848, il ferimento dello studente Beltrame nella sala bianca del Caffè Pedrocchi fu una delle cause scatenanti l'insurrezione contro gli austriaci.

A Curtatone ed a Montanara, il 29 maggio 1848, si compì il fatto più noto e più sfruttato in senso retorico del contributo universitario al Risorgimento. Le truppe toscano-napoletane tra cui gli studenti del Battaglione della Guardia Universitaria della Toscana.



389 studenti capitanati da 32 Professori) opposero una strenua e fatale resistenza contro le soverchianti truppe austriache del generale Radetzky. Il loro sacrificio permise all’esercito piemontese di organizzarsi e di vincere gli austriaci a Goito.

A Bologna non mancò la partecipazione studentesca ai moti del 1831 e del 1859.



A Urbino, la cosiddetta Rivoluzione dei dottori  

La più importante partecipazione universitaria urbinate al movimento risorgimentale si ebbe con la rivoluzione del 1831.
Confidando nella politica del non intervento proclamata dalla Francia di Luigi Filippo d’Orléans (che avrebbe dovuto impedire l'intervento repressivo di forze austriache in Italia), alcuni patrioti, in testa il celebre e sfortunato Ciro Menotti, decisero di far scoppiare una rivoluzione nelle province settentrionali dello Stato Pontificio. Il momento pareva favorevole: Leone XII era morto da poco ed il suo successore, Pio VII, l’aveva seguito con sollecitudine, creando un momento difficile per la Chiesa.

L’Emilia si sollevò coinvolgendo la Romagna e quindi le Marche e l’Umbria.
Il 7 febbraio 1831, giunge a Urbino la notizia che, tre giorni prima, Bologna si era sollevata contro il potere ecclesiastico. Il professore di patologia, il bolognese Gabriele Rossi (detto dagli studenti il Beneficante), si precipitò a Pesaro dal Legato Pontificio ottenendo la cessione del potere ad una Commissione di notabili.
Fu un’azione assolutamente incruenta che vide addirittura l’adesione spontanea dei carabinieri pontifici.

Il 26 febbraio i rappresentanti delle province si riunirono a Bologna ove decretarono la caduta del potere temporale del Papa e la costituzione del Governo delle Province Unite.

Il 4 marzo 1831, il Governo della Provincia di Pesaro pose l’Università di Urbino sotto il controllo di un Comitato Provinciale (sottraendola alla giurisdizione dell’Arcivescovo che ne era divenuto cancelliere solo cinque anni prima) e facendola tornare quella che era sempre stata: un’istituzione laica.

Per la riuscita della rivoluzione a Urbino fu decisiva la partecipazione di altri professori: il professore di diritto canonico Tommaso Gostoli-Cosmi (detto l'Illibato), il professore di diritto civile Gianantonio Fanelli (detto il Languente), il professore di anatomia Alessandro Corticelli (detto l’Indomito), il professore di chirurgia Gianlodovico Fabbri (detto l’Illustrato). Tutti, col Rossi in testa, erano da tempo impegnati nel tenere deste le coscienze degli studenti e dei colleghi, nonostante la stretta vigilanza dell’Arcivescovo sulla vita universitaria.

A rivoluzione compiuta il professor Gostoli-Cosmi ottenne il comando della polizia della Provincia e poco dopo, mentre veniva acclamato Reggente dell’Ateneo, fu nominato Viceprefetto di Foligno dal Governo Centrale di Bologna. Il professor Rossi, invece, fu delegato all’Assemblea Centrale di Bologna. Il professor Fanelli, restato ad Urbino, fu attivamente impegnato in arringhe ed orazioni rivolte agli studenti che diventarono veri e propri manifesti della rivoluzione che gli studenti s’incaricarono di stampare e distribuire:
1) Come sia stata l’insipienza del Governo pontificio, la causa della Rivoluzione;
2) L’importanza delle opere della Rivoluzione, più che degli uomini che la compiono e la necessità dell’unità d’intenti;
3) L’esaltazione della Rivoluzione: pacifica e senza un solo colpo di fucile;
4) Come la Rivoluzione sia rispettosa del sentimento religioso.
Proprio Fanelli, che aveva esaltato l’aspetto pacifico della rivoluzione, sarà costretto ad invitare gli studenti a prendere le armi per difendere la rivoluzione contro l’aggressore austriaco.

Altri interventi di professori urbinati verranno stampati sul giornale “L'amico del Popolo” che aveva quale emblematico sottotitolo: “Io dico per ver dire, non per odio d’alcun né per disprezzo”.

Per tutto il periodo della rivoluzione, l’anima delle dimostrazioni urbinati furono proprio gli studenti universitari, stimolati dall’esempio e dalle calde parole d’incoraggiamento dei loro insegnanti.

L’esperienza del Governo delle Provincie Unite sarà brillantissima per quanto effimera... Il 21 marzo dello stesso anno gli austriaci entravano a Bologna. Sette giorni dopo il tricolore veniva ammainato anche a Urbino.

La reazione pontificia, seguita alla restaurazione, fu particolarmente dura. L’Università venne chiusa, i professori furono tutti destituiti, gli studenti non urbinati furono invitati a lasciare la Legazione entro pochi giorni.
I professori più compromessi furono perseguitati impedendogli di trovare nuovi impieghi, per questo il professor Rossi dovrà emigrare in Francia. Il professor Gostoli fu arrestato a Urbania e incarcerato. L’Università venne chiusa, gli studenti urbinati furono costretti a frequentare lezioni private presso neolaureati di provata fede pontificia.

Questa rivoluzione pacifica, per il ruolo degli universitari (professori e studenti) verrà detta la “Rivoluzione dei Dottori”.
   

1848, la Prima guerra di indipendenza  
     
Nel turbinio del 1848 abbiamo già segnalato la pubblica solidarietà espressa dagli studenti urbinati ai loro colleghi di Pavia, ma è necessario segnalare la diretta partecipazione studentesca agli avvenimenti di quell’anno memorabile.

Il 24 maggio 1848, parte da Urbino alla volta della Prima Guerra d’Indipendenza il contingente dei volontari dell’urbinate: la truppa è formata da operai del minuto artigianato mentre sottufficiali e ufficiali sono studenti, professori, professionisti, ex ufficiali dell’epoca napoleonica ecc.
Il contingente Urbinate era costituito di 80 volontari ma ogni città o paesino della Legazione, aveva inviato chi cento e chi cinque volontari. Questi furono inquadrati negli eserciti pontifici dei Generali Ferrari e Durando (Battaglione Universitario, Reggimenti Unione, 1a, 2a e 3a linea) e combatterono a Cornuda, Treviso, Vicenza, Brondolo e Mestre-Marghera.

Come noto Pio IX, pressato dall'Austria, cambiò improvvisamente posizione e, affermando che come capo della cristianità non poteva scendere in guerra né direttamente né indirettamente, ordinò ai contingenti provenienti dal suo Stato di ritirarsi nei loro confini.

I generali Durando e Ferrari, rifiutarono di ritirarsi, ma il mutato atteggiamento del Pontefice provocò diverse defezioni nei loro reparti: dopo la caduta di Vicenza, l’11 giugno 1848, alcuni volontari delle area urbinate disertarono, ma l’accoglienza a casa fu così amara che alcuni preferirono tornare al fronte. Ma per poco però, giacché nell’agosto 1848, venne firmato l’armistizio di Salasco.


1849. La Repubblica romana  
     
I fatti della Prima Guerra d’Indipendenza, ed in particolare l’atteggiamento del Pontefice, furono la causa degli eventi che portarono alla costituzione della Repubblica Romana nel 1849.


Anche in quell’occasione l’Università venne sottratta al potere ecclesiastico ed all’autorità dell'Arcivescovo per essere posta sotto l’autorità di un Ministero dell'istruzione: “La giurisdizione dei Vescovi sopra le Università e le altre scuole qualunque della Repubblica, eccettuate quelle dei Seminari vescovili è abolita. L’insegnamento dello Stato è posto sotto la dipendenza immediata del potere esecutivo, mediante il Ministero della istruzione pubblica”.
Questa deliberazione dell'Assemblea costituente non trovò sostanziale applicazione, travolta con la stessa Repubblica dalle armi dell'ennesima restaurazione.